28 luglio 2017

29 luglio 1983 - Viene ucciso dalla mafia Rocco Chinnici













Rocco Chinnici (Misilmeri, 19 gennaio 1925 – Palermo, 29 luglio 1983) è stato un magistrato italiano, una delle vittime di Cosa Nostra. È divenuto famoso per l'idea dell'istituzione del "pool antimafia", che diede una svolta decisiva nella lotta alla mafia.

Fu alunno del liceo classico "Umberto I" a Palermo, presso il quale conseguì la maturità nel 1943. Si iscrisse poi alla facoltà di giurisprudenza dell'ateneo della stessa città, in cui si laureò il 10 luglio 1947. Durante gli studi, per alleviare l'impegno economico sostenuto dalla famiglia, aveva lavorato all'ufficio del registro di Misilmeri. Qui conobbe anche Agata Passalacqua, giovane docente di scuola media che sarebbe poi divenuta sua moglie.

Entrò nella magistratura italiana nel 1952, avendo come prima destinazione il tribunale di Trapani come uditore giudiziario. In seguito fu pretore a Partanna, dal 1954 al 1966, anno in cui pervenne a Palermo ove il 9 aprile prese servizio presso l'Ufficio Istruzione del Tribunale, nel ruolo di giudice istruttore.

Nel 1970 gli fu assegnato il caso della cosiddetta "strage di viale Lazio", in cui figuravano molti nomi di criminali di mafia destinati a successiva maggior notorietà.[4] Nel 1975, giunto al grado di magistrato di Corte d'Appello, fu nominato Consigliere Istruttore Aggiunto. Divenne magistrato di Cassazione e Consigliere Istruttore dopo altri quattro anni e come tale, in quel 1979 in cui fu ucciso Cesare Terranova, fu chiamato alla carica di dirigente dell'Ufficio in cui già lavorava sull'onda dell'emozione per quel delitto "eccellente".

Altri omicidi eccellenti seguirono non molto tempo dopo, nel 1980, quando cosa nostra uccise il capitano dell'Arma dei Carabinieri Emanuele Basile (4 maggio) e il procuratore Gaetano Costa (6 agosto), amico di Chinnici, con cui aveva condiviso indagini sulla mafia i cui esiti i due giudici si scambiavano in tutta riservatezza dentro un ascensore di servizio del palazzo di Giustizia. Dopo questo omicidio Chinnici ebbe l'idea di istituire una struttura collaborativa fra i magistrati dell'Ufficio (poi nota come "pool antimafia"), conscio che l'isolamento dei servitori dello stato li espone all'annientamento e che, in particolare per i giudici ed i poliziotti, li rende vulnerabili poiché uccidendo chi indaga da solo, si seppellisce con lui anche il portato delle sue indagini.

Entrarono a far parte della sua "squadra" alcuni giovani magistrati fra i quali Giovanni Falcone, Gioacchino Natoli e Paolo Borsellino. Con quest'ultimo, per agra coincidenza, condivideva il giorno di nascita, il 19 gennaio. Altro avrebbe legato le tre figure qualche anno dopo. «Un mio orgoglio particolare» - disse Chinnici in una intervista - «è una dichiarazione degli americani secondo cui l'Ufficio Istruzione di Palermo è un centro pilota della lotta antimafia, un esempio per le altre magistrature d'Italia. I magistrati dell'Ufficio Istruzione sono un gruppo compatto, attivo e battagliero». Il primo grande processo a cosa nostra, il cosiddetto maxi processo di Palermo, è il risultato del lavoro istruttorio svolto da Chinnici.

Rocco Chinnici fu ucciso il 29 luglio 1983 con una Fiat 126 verde imbottita con 75 kg di esplosivo davanti alla sua abitazione in via Pipitone Federico a Palermo, all'età di cinquantotto anni. Ad azionare il detonatore che provocò l'esplosione fu il sicario della mafia Antonino Madonia. Accanto al suo corpo giacevano altre tre vittime raggiunte in pieno dall'esplosione: il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato, e il portiere dello stabile di via Pipitone Federico, Stefano Li Sacchi. L'unico superstite fu Giovanni Paparcuri, l'autista. Ad accorrere fra i primi furono due dei suoi figli, ancora ragazzi.


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