22 ottobre 2019

22 ottobre 2009 - Muore in carcere Stefano Cucchi















Roma (1 ottobre 1978) - Roma (22 ottobre 2009)


La morte di Stefano Cucchi avvenne a Roma il 22 ottobre 2009 mentre il giovane era sottoposto a custodia cautelare. Le cause della morte e le responsabilità sono oggetto di procedimenti giudiziari che coinvolgono alcuni militari dell’arma dei carabinieri e i medici dell'ospedale Pertini. Il caso ha attirato l'attenzione dell'opinione pubblica a seguito della pubblicazione delle foto dell'autopsia, poi riprese da agenzie di stampa, giornali e telegiornali italiani. Il caso, ancora aperto dal punto di vista giudiziario, ha ispirato documentari e lungometraggi cinematografici.

Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi, geometra romano, viene fermato dai carabinieri Francesco Tedesco, Gabriele Aristodemo, Raffaele D'Alessandro, Alessio Di Bernardo e Gaetano Bazzicalupo dopo essere stato visto cedere a Emanuele Mancini delle confezioni trasparenti in cambio di una banconota. Portato immediatamente in caserma, viene perquisito e trovato in possesso di 12 confezioni di varia grandezza di hashish (per un totale di 20 grammi), tre confezioni impacchettate di cocaina (di una dose ciascuna) e un medicinale per curare l’epilessia, malattia da cui Cucchi era affetto. Viene decisa la custodia cautelare; Cucchi prima dell’arresto e dell’arrivo in caserma non ha alcun trauma fisico. Il giorno dopo si tiene l'udienza per la conferma del fermo in carcere, criticata da Luigi Manconi, direttore dell'Ufficio antidiscriminazioni razziali presso la Presidenza del Consiglio, poiché in tale sede «a Cucchi viene attribuita una nazionalità straniera e la condizione di "senza fissa dimora", nonostante fosse regolarmente residente in città».Già durante il processo ha difficoltà a camminare e a parlare e mostra inoltre evidenti ematomi agli occhi; il ragazzo parla con suo padre pochi attimi prima dell'udienza, ma non riferisce di essere stato picchiato.

Nonostante le precarie condizioni, il giudice fissa l'udienza per il processo che si dovrà tenere un mese dopo e stabilisce inoltre che deve rimanere in custodia cautelare al carcere di Regina Coeli. Dopo l'udienza le condizioni di Cucchi peggiorano ulteriormente, e viene visitato all'ospedale Fatebenefratelli, presso il quale vengono messe a referto lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso (inclusa una frattura della mascella), all'addome (inclusa un'emorragia alla vescica) e al torace (incluse due fratture alla colonna vertebrale). Viene quindi richiesto il ricovero, che però non avviene per il mancato consenso del paziente.

In carcere le sue condizioni peggiorano ulteriormente. Cucchi muore all'ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009: al momento del decesso pesa solamente 37 chilogrammi. Dopo la prima udienza i familiari cercano a più riprese di vedere, o perlomeno conoscere, le condizioni fisiche di Cucchi, senza successo: essi hanno notizie di Cucchi solo quando un ufficiale giudiziario si reca presso la loro abitazione per notificare l'autorizzazione all'autopsia.

Su espressa richiesta dei familiari, nel settembre 2015 la Procura della Repubblica di Roma riapre un fascicolo d'indagine sul caso, affidandolo al sostituto procuratore Giovanni Musarò[38]. Il legale della famiglia aveva in precedenza esposto al magistrato che un militare dei Carabinieri, Riccardo Casamassima, aveva ricevuto minacce al fine di rendere testimonianza negativa nell'ambito del processo d'appello, e che l'interessato aveva motivo di credere che tali minacce provenissero da uno o più ex-colleghi coinvolti nel caso.

Il 30 giugno 2015 Riccardo Casamassima aveva frattanto reso spontanee dichiarazioni al sostituto Musarò, convincendolo della necessità di riaprire l'indagine, rivolta in particolare ai carabinieri presenti nelle due caserme ov'era avvenuta dapprima l'identificazione, quindi la custodia in camera di sicurezza di Stefano Cucchi, tra la sera del 15 e la mattina del 16 ottobre 2009, data dell'udienza del processo per direttissima.

Il 17 gennaio 2017, alla conclusione delle indagini preliminari, viene chiesto il rinvio a giudizio per omicidio preterintenzionale e abuso di autorità nei confronti dei militari dell'Arma dei Carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, accusati di aver colpito Cucchi con schiaffi, pugni e calci, facendolo cadere e procurandogli lesioni divenute mortali per una successiva condotta omissiva da parte dei medici curanti, e per averlo comunque sottoposto a misure restrittive non consentite dalla legge. Tedesco, insieme con Vincenzo Nicolardi e il maresciallo Roberto Mandolini, deve altresì rispondere dell'accusa di falso e calunnia, per l'omissione nel verbale d'arresto dei nomi di Di Bernardo e D'Alessandro, e per l'accusa di aver testimoniato il falso al processo di primo grado, avendo fatto dichiarazioni che portarono all'accusa di tre agenti della polizia penitenziaria per i reati di lesioni personali e abuso di autorità nei confronti di Cucchi.

Il 24 febbraio 2017 vengono precauzionalmente sospesi a tempo indeterminato dall'impiego i tre militari accusati di omicidio preterintenzionale.

Il 10 luglio 2017 il GUP del Tribunale di Roma accoglie la richiesta di rinvio a giudizio degli indagati, salvo il non doversi procedere per il reato di abuso di autorità per intervenuta prescrizione.

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