7 settembre 2017
8 settembre 2009 - Muore il conduttore televisivo Mike Bongiorno
Michael Nicholas Salvatore Bongiorno, noto come Mike Bongiorno (New York, 26 maggio 1924 – Monte Carlo, 8 settembre 2009)
E' stato un conduttore televisivo, conduttore radiofonico e partigiano statunitense naturalizzato italiano, considerato tra i padri fondatori della televisione in Italia insieme a Corrado e Raimondo Vianello.
Soprannominato il re dei quiz per aver condotto numerosi giochi a premi che hanno fatto la storia della televisione italiana tra cui Lascia o raddoppia?, Rischiatutto e Flash per la Rai, Superflash e La ruota della fortuna per l'emittenza privata, vanta anche la carriera televisiva più lunga al mondo.
Italoamericano, figlio della torinese Enrica Carello (15 giugno 1894 – 15 ottobre 1991) e di Philip Bongiorno (11 marzo 1890 – 1º giugno 1971). Il nonno paterno, Michelangelo Bongiorno, era emigrato di Mezzojuso in Sicilia, dove aveva una bottega. Suo padre fu un noto avvocato che intraprese anche una positiva carriera politica arrivando a diventare presidente della potente associazione Sons of Italy in America, ordine dei figli d'Italia in America, e a candidarsi a sindaco di New York avendo come avversari Fiorello La Guardia e Generoso Pope. La madre, ultima di dodici figli, apparteneva alla borghesia torinese, in quanto la sua famiglia era proprietaria di una fabbrica produttrice di fanali per auto, fondata nel 1876. Quando era ancora un bambino Mickey - come era chiamato allora - a seguito della separazione dei genitori e della crisi del 1929, tornò in Italia a Torino con la madre, andando a vivere a casa degli zii Giuseppina Carello, sorella della madre, e Nicolò Oneto di San Lorenzo - generale di origini nobiliari amatissimo da Mike, che in onore dello zio acquisito chiamerà Nicolò il suo secondogenito. A Torino frequentò le scuole elementari, il ginnasio e il liceo classico D'Azeglio e divenne un grande tifoso della Juventus.
Fin da giovane esternò la sua personalità estroversa e la volontà di diventare giornalista, e dato che era un grande appassionato di sport cominciò presto a lavorare per le pagine sportive de La Stampa come «galoppino». Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'invasione tedesca dell'Italia, fu costretto ad abbandonare gli studi (aveva conseguito la maturità soltanto nella seconda sessione, l'8 ottobre 1943, in quanto nella prima era risultato insufficiente in matematica e fisica) per rifugiarsi sulle Alpi. Decise così di entrare a far parte dei gruppi partigiani e, grazie alla sua conoscenza dell'inglese, fu impiegato in un'importante e pericolosa "staffetta", in cui doveva attraversare nel periodo invernale i contrafforti alpini innevati per portare in Svizzera, per conto della Resistenza, dei messaggi che permettevano le comunicazioni fra i partigiani italiani e gli Alleati di stanza nel Paese elvetico.
Nel corso di una di queste operazioni, a seguito di una delazione fu scoperto nell'aprile 1944 a Craveggia (VCO) e catturato dalla Gestapo e messo al muro insieme ad altri dieci o venti partigiani per essere fucilato, ma si salvò perché gli agenti tedeschi ritrovarono un pacchetto che lui aveva poco prima buttato con il suo passaporto americano.Fu quindi portato a San Vittore a Milano, dove fece 2 mesi di isolamento e restò per 7 mesi, durante la prigionia incontrò Indro Montanelli. Successivamente fu trasferito nel Campo di transito di Bolzano, dove ebbe, tra i suoi aguzzini, Michael Seifert. Dopo diverse destinazioni in vari campi di concentramento in Germania, alla fine del '44 fu deportato nel lager di Spittal an der Drau dove stette fino al gennaio 1945. Fu liberato a febbraio prima della fine del conflitto grazie a uno scambio di prigionieri di guerra tra Stati Uniti e Germania.
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