I soccorsi furono immediati ed efficienti ma pochissimi furono i feriti e le persone estratte vive dalle macerie: la violenza e la velocità della colata di fango non avevano concesso scampo. 267 morirono sul colpo e solo una ragazza estratta ancora in vita dalle macerie di uno degli alberghi di Stava sopravvisse per pochi giorni.
Il numero esatto dei morti del disastro di Stava fu accertato solo un anno dopo la catastrofe. Molte salme infatti non poterono essere riconosciute e fu quindi necessario ricorrere alla dichiarazione di morte presunta. Il tempo di attesa, richiesto per consentire tale dichiarazione (normalmente di 5 anni, a partire da prima dichiarazione di scomparsa) fu in questo caso ridotto con decreto legge a 1 anno.
Nel primo anno successivo alla catastrofe il numero delle vittime fu quindi stimato in quello delle salme riconosciute più quello delle dichiarazioni di scomparsa, cioè 269. Un anno dopo il disastro fu possibile avere il numero esatto delle dichiarazioni di morte presunta, che risultarono essere 71. Da questo elenco venne infatti depennata la dichiarazione di scomparsa di un cittadino francese del quale non fu poi dichiarata la morte presunta.
I corpi delle vittime della val di Stava furono tutti recuperati grazie all'impegno di migliaia di soccorritori che lavorarono per più di tre settimane lungo la val di Stava e lungo il torrente Avisio fino al bacino idroelettrico di Stramentizzo. A causa di tale circostanza non tutti poterono essere riconosciuti. In seguito al disastro molte vittime furono riportate ai luoghi di origine, in 64 diversi cimiteri d'Italia.
I 71 per i quali non fu possibile il riconoscimento rimasero a Tesero, nel cimitero monumentale delle vittime della val di Stava adiacente alla chiesa di San Leonardo.
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