24 marzo 2020
24 marzo 1976 - Il colpo di stato dei militari in Argentina
La presa del potere instauratasi in seguito al colpo di Stato del 24 marzo 1976, che destituì il governo democraticamente eletto di Isabel Martínez de Perón, succeduta al marito, il popolarissimo ma controverso Juan Domingo Perón, dopo la sua morte, fu guidato da diverse giunte militari, costituite dai relativi capi di stato maggiore di esercito, marina ed aeronautica. Si caratterizzò per l'acceso nazionalismo, soprattutto per la violenta repressione degli oppositori, reali o presunti, e per le gravissime violazioni di diritti umani.
Il primo ad assumere la presidenza fu il generale Jorge Rafael Videla, che governò per cinque anni, prima di essere deposto e messo in disparte nel marzo 1981 dal generale Roberto Eduardo Viola che a sua volta a dicembre 1981 venne sostituito dal generale Leopoldo Galtieri. Quest'ultimo tentò di consolidare il potere della giunta militare e di esaltare il nazionalismo della popolazione con una politica internazionale aggressiva che culminò con la guerra delle Malvinas contro la Gran Bretagna: essa tuttavia si concluse nel giugno 1982 con una pesante sconfitta ed il generale Galtieri dovette dimettersi. Il generale Reynaldo Bignone, ultimo capo del regime, fu costretto nel 1983 a ripristinare la democrazia, cedere il potere e indire elezioni generali democratiche.
Durante la dittatura furono assassinate 40.000 persone, di cui 30.000 sotto il solo Videla: questi crimini venivano perpetrati nella segretezza per non allarmare l'insieme della popolazione (tanto che le vittime vennero chiamate Desaparecidos, letteralmente "scomparsi" in spagnolo) ed evitare pericolose reazioni internazionali come avvenuto con la dittatura del generale Augusto Pinochet in Cile.
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